La recente visita in quel di Staffolo (An) mi ha fatto prima
conosce, poi portare a casa, questo Verdicchio classico superiore Fonte della
Corte 2012 di Antonio Coloccini. Non mi dilungherò sulle caratteristiche del
terroir, inteso come zona terreno e clima, basta rileggere il post precedente
(clicca qua), ma vorrei raccontare un po’ del Sig. Coloccini. Antonio è
un’inossidabile agricoltore e viticultore di ben 84 anni, ed è ancora in campo
ed in battaglia. Le vicissitudini della vita lo hanno portato alle soglie del
nono decennio di vita intravedendo solamente una piccola e lontana fiammella
nel futuro. Le tre figlie non hanno mai manifestato l’intenzione di proseguire
in questo lavoro, così come neppure il primo nipote che insegue la laurea in
economia. Antonio continua sperando, cuore di nonno, nella seconda nipote, appena
iscritta a veterinaria. Sicuramente veterinaria non è enologia o agraria, ma sicuramente
un minimo di attitudine con la natura c’è.
Nonostante tutto, Antonio da ben 15 anni ha scelto la strada
del biologico, e da 11 ha la certificazione, intraprendendo questa strada per vera
convinzione e non per seguire la moda nata in questi ultimi tempi.
Segue in prima persona le operazioni in vigna, coadiuvandosi
di un paio di fidate persone vendemmiando a mano e usando solo rame e zolfo.
Anche in cantina tutte le operazioni e le decisioni spettano a lui in prima persona.
Il regime biologico che segue è abbastanza severo, sia in vigna che in cantina,
pochissima chimica, zero filtrazioni, nasce così un vino il più corrispondente
alla sua filosofia ed all’annata espressa dal terroir.
La bottiglia è la classica sempre bella brodolose sormontata
da un’etichetta bianca e verde, sobria e tranquilla abbastanza attuale di
impostazione che dà le informazioni necessarie.
Alla mescita si denota un bel giallo paglierino con riflessi
verdolini, segno di gioventù, limpido e luminoso, quasi brillante. Accostando
il naso al calice, si è invasi da un classico profumo da macchia mediterranea,
un susseguirsi di note fruttate e floreali con qualche accenno vegetale. Intenso
e molto persistente, impiega qualche attimo a dare il meglio di se. Qualche
roteazione del calice mi regala una profumazione semplice, ma allo stesso tempo
invitante ed elegante. Note di frutta a pasta gialla in fase di maturazione,
susina e pesca nello specifico si intrecciano ad un biancospino e una più
fugace ginestra. E’ comunque nella fase della macchia mediterranea che da il
meglio di se, un po’ di mentuccia e un po’ di anice ci ricordano che siamo in
prossimità dell’Adriatico.
In bocca è più intenso che persistente, mostra fin da subito
un buon scatto acido, che sovrasta le sensazioni dolci dell’alcool e degli
zuccheri rendendo la beva sicuramente verticale nonostante il corpo sia tutt’altro
che esile. Nella fase finale si evidenzia una grandissima sapidità, anzi una
grandissima e godibilissima salinità di chiara derivazione adriatica, che
semplifica la beva rendendo pressoché impossibile poggiare il calice sul
tavolo. Dopo qualche minuto cresce nettamente mostrando un discreto carattere,
facendo di quest’ultima, così come dell’intrigante freschezza il suo cavallo di
battaglia.
Consiglio di berlo ad una temperatura di 10-12 gradi ed in
calici a tulipano di media grandezza.
Come abbinamento è indicato dall’aperitivo fino a diventare
a tutto pasto, se decidiamo di farci del bene mangiando dell’ottimo pesce
fresco. Possiamo partire dagli antipasti marini, quali alici marinate e capesante
anche gratinate per poi proseguire con primi piatti a base di ragù di pesce, purché
siano “in bianco” per non incrementare l’acidità col pomodoro. Con i secondi
piatti regge bene sia quelli delicati al vapore come quelli un po’ più robusti
al forno. Perfetto anche con crudi e carpacci.
Ovviamente regge anche i piatti a base di carne bianca e
verdura, secondo me è un ottima idea rallegrarsi con un calice di questa Fonte
della Corte in un triste pasto con petto di pollo e verdurine lesse, almeno
teniamo su l’umore. Io l’ho abbinato ad un ottimo hamburger “crudocotto” di
tonno, abbinamento pressochè perfetto in quanto l’acidità si sposava a
meraviglia con l’umido del tonno crudo, ed il suo corpo reggeva bene la parte
di tonno cotta. Purtroppo non posso raccontarvi il calice del giorno dopo…
finito in un baleno la sera stessa!
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