mercoledì 20 maggio 2015

Chirofiore 2012 Toscana Bianco IGT di Tunia

Gusto Nudo di Bologna è da sempre una manifestazione particolare. Questo perché ha sempre un qualcosa che non va, negli anni passati dalla location troppo alternativa con skateboard a sfrecciarti di fianco, temperature impossibili . Quest’anno ad esempio aveva si una location bellissima in Bologna, il Parco Cavaticcio, ma i banchetti erano lasciati al caso senza nessuna indicazione di che azienda ci fosse dietro. Dal lato positivo invece Gusto Nudo ha il vantaggio di selezionare i cosiddetti “vignaioli eretici”, coloro che escono dai soliti schemi di convenzionalità, così che mi sono deciso e recato a farci un giro.
Sarò onesto fino in fondo, mentre cercavo di orientarmi tra i banchi cercando di capire chi fosse chi, ho intravisto una bella ragazza bionda occhi azzurri dietro ad un banco, si questo è stato il primo motivo che mi ha spinto verso Tunia, poi ho scoperto chi erano e il loro vino. Due chiacchere iniziali sul loro territorio e su quella che Chiara Innocenti e la sua amica da una vita Francesca Di Benedetto chiamano la loro pazzia, infatti, senza tradizione familiare alle spalle, decidono nel 2008 di catapultarsi in questo progetto, entrano da subito nel circuito di VinNatur e nel pieno del loro territorio sfruttando e convertendolo con vigneti tipici. Mentre chiacchieriamo mi versa un primo sorso del loroChirofiore 2012 Toscana Bianco IGT, lo osservo e chiaramente è un orange wine, ma è la storia che c’è dietro che mi conquista. Il vino è un blend di Trebbiano all’70% e vermentino 30%, e fin qui è semplice, ma la particolarità è che sono frutto di ben 4 vendemmie distinte. La prima vendemmia del trebbiano è precoce, giusto per dare un po’ di acidità in più, la seconda a maturazione del trebbiano, a cui si affianca la terza vendemmia, quella a maturazione del Vermentino. Chiude la 4 vendemmia cioè quella del trebbiano surmaturo, quasi appassito a dare complessità e morbidezza. In poche parole un lavoraccio a cui segue una macerazione non estrema, e che varia a seconda della vendemmia, la prima non fa macerazione ma dalla seconda invece ne fa più o meno una settimana. La fermentazione è sulle fecce fini per 12 mesi ed a vendemmie separate, ma tutte in acciaio. Con una storia così non posso non farmi dare una bottiglia. La bottiglia è la classica bordolese pesante e l’etichetta sobria ed elegante nel suo beige anticato. Stappo la bottiglia e mi servo il calce, il colore è aranciato carico ma limpido e luminoso, in naso è un bouquet in continuo cambiamento. Da subito frutta matura ed esotica, mango pesca ed albicocca la fanno da padrona. Vira poi nelle note balsamiche di macchia mediterranea con timo maggiorana e salvia belli evidenti per chiudere poi con note miste di panna montata e zafferano.  In bocca risulta grasso e leggermente glicerico. La vendemmia tardiva gli dona morbidezza e una sensazione dolce che lo indirizza nel “piacionismo”, ma è un impressione che sfuma subito, quando poi la bocca viene asciugata da un tannino robusto seppur vellutato e delicato a cui segue una sostenuta acidità che gli dona una goduriosa bevibilità. Si capisce fin dal primo sorso che non manca certamente carattere e corpo e struttura nsono ella media della tipologia, mentre il finale è particolarmente lungo durante il quale è evidente una sapidità di netto tratto minerale. La caratteristica che più mi ha colpito è che il Chiarofiore esce quanto basta dai canoni consueti per avere un ottimo carattere di base.


Consiglio di degustare questo Chiarofiore ad una temperatura di cantina, 14-15°, non lo raffredderei troppi onde evitare di appiattirgli i profumi. Mentre come abbinamento oltre che essere inconsueti come con la mia anguilla, che per altro ci sta divinamente, si po’ abbinare anche a formaggi di media e buona stagionatura o con inclinazione blu. Con un bel erborinato di capra tarerete molte soddisfazioni, così come con cacciagione di piuma cotti al forno in salse agrodolci, come con uvetta o mele. Regge molto bene anche il calice del giorno dopo, questa volta abbinato ad un buon risotto agli asparagi, e se caricate con del parmigiano in mantecatura l’abbinamento ci sta eccome. Ricordate che l’abbinamento migliore rimane quello di condividerne un calice con la persona amata.