venerdì 24 aprile 2015

Dagamò Barbera Emilia IGT 2013 Al di là del Fiume

A volte una semplice bottiglia ti cambia l’umore. Sono arrivato a casa stanco morto dopo una trasferta di lavoro di quasi 14 ore di tutto avevo voglia tranne che di cucinare. Accendo il microonde e ci infilo la coscia di pollo della mensa rimasta, un po’ di insalata e la cena è servita. Cosa ci bevo? Dopo 6 ore di furgone un bel calice ci sta. Recupero una bottiglia di Dagamò Barbera Emilia IGT 2013 di Al di là del Fiume, piccola azienda dell’alto appennino bolognese. Siamo difatti a Marzabotto, ho visitato l’azienda, sita all’interno del Parco Monte Sole, la scorsa estate, ma sono passato qualche giorno dopo che una violenta tempesta aveva devastato e sradicato i vigneti, tanto che purtroppo tutta la produzione 2014 è andata perduta. Danila Mongardi, titolare assieme al marito Gabriele dell'azienda, però non si è abbattuta, anzi a preso spunto per perfezionare ancor di più il suo progetto di azienda bio sostenibile a 360°.
La bottiglia in questione è una barbera con una macerazione di 4 mesi in anfora e in un percorso di biodinamica. Forma bordolese tradizionale sormontata da una bella etichetta disegnata dell’artista Chiara Renda, mentre il nome del vino è una simpatica parola in dialetto bolognese.
Già alla mescita si è un poco straniti, colore tenue, scarico. Rosso granato poco intenso e quasi trasparente, ma basta portare il calice al naso per sentire un bouquet particolarmente fine ed elegante. Spesso e volentieri gli anforati peccano un po’ di precisione olfattiva, in questo caso ha tutte le sue cosine al posto giusto, piccoli frutti rossi in macerazione, fragole e fragoline di bosco lasciate a macerare nel vino, qualche ciliegia durone, poi arrivano le note floreali di glicine, geranio viola che si intrecciano a qualche sensazione vegetale che va a mirare nella macchia mediterranea fresca di primavera. Salvia, menta, sottobosco un po’ di rustica terra a completare un ventaglio che comunque mi si pone in un elegante equilibrio.
Appena deglutisco il primo sorso vengo colpito dalla disarmante bevibilità, fresco e acido come una barbera di rispetto, croccante nella sua snellezza e nel tannino appena sussurrato che non sfigura affatto. Discretamente lungo e altrettanto persistente durante la quale si apprezza una importante sapidità di netto tratto minerale. Corpo snello ma scattante, alcool moderato per una semplice ma intrigante bevuta in un equilibrio empirico di piacevolezza.
Consiglio di degustare il Dagamò in calici a tulipano di media grandezza ed ad una temperatura di cantina, 15, 16 gradi sono perfetti.
Io l’ho abbinato ad una coscia di pollo riscaldata, ma se voi lo abbinate ad un pollo allo spiedo e alla diavola appena cotto secondo me godrete molto, la carne non troppo saporita e la pelle croccante e speziata si addice a meraviglia con questo calice. Perfetto anche con il prosciutto crudo, anche stagionato o saporito come il toscano, con primi piatti a base di ragù di carni bianche, dal pollo al coniglio. Come secondi piatti un ottima idea può essere quella di accostarlo ad un filetto di maiale od a qualche fetta di succulento roastbeef.
Vino ideale da consumarsi durante le cene e grigliate estive tra amici, dove le bocce scorrono quasi senza sosta di continuità. Come sempre ricordo che l’abbinamento migliore è quello di condividerne un calice o due con la persona amata

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