A volte una semplice bottiglia ti cambia l’umore. Sono
arrivato a casa stanco morto dopo una trasferta di lavoro di quasi 14 ore di
tutto avevo voglia tranne che di cucinare. Accendo il microonde e ci infilo la
coscia di pollo della mensa rimasta, un po’ di insalata e la cena è servita.
Cosa ci bevo? Dopo 6 ore di furgone un bel calice ci sta. Recupero una
bottiglia di Dagamò Barbera Emilia IGT 2013 di Al di là del Fiume, piccola azienda
dell’alto appennino bolognese. Siamo difatti a Marzabotto, ho visitato l’azienda,
sita all’interno del Parco Monte Sole, la scorsa estate, ma sono passato
qualche giorno dopo che una violenta tempesta aveva devastato e sradicato i
vigneti, tanto che purtroppo tutta la produzione 2014 è andata perduta. Danila Mongardi, titolare assieme al marito Gabriele dell'azienda, però
non si è abbattuta, anzi a preso spunto per perfezionare ancor di più il suo
progetto di azienda bio sostenibile a 360°.
La bottiglia in questione è una barbera con una macerazione
di 4 mesi in anfora e in un percorso di biodinamica. Forma bordolese
tradizionale sormontata da una bella etichetta disegnata dell’artista Chiara
Renda, mentre il nome del vino è una simpatica parola in dialetto bolognese.
Già alla mescita si è un poco straniti, colore tenue,
scarico. Rosso granato poco intenso e quasi trasparente, ma basta portare il
calice al naso per sentire un bouquet particolarmente fine ed elegante. Spesso
e volentieri gli anforati peccano un po’ di precisione olfattiva, in questo
caso ha tutte le sue cosine al posto giusto, piccoli frutti rossi in
macerazione, fragole e fragoline di bosco lasciate a macerare nel vino, qualche
ciliegia durone, poi arrivano le note floreali di glicine, geranio viola che si
intrecciano a qualche sensazione vegetale che va a mirare nella macchia mediterranea
fresca di primavera. Salvia, menta, sottobosco un po’ di rustica terra a
completare un ventaglio che comunque mi si pone in un elegante equilibrio.
Appena deglutisco il primo sorso vengo colpito dalla
disarmante bevibilità, fresco e acido come una barbera di rispetto, croccante
nella sua snellezza e nel tannino appena sussurrato che non sfigura affatto.
Discretamente lungo e altrettanto persistente durante la quale si apprezza una
importante sapidità di netto tratto minerale. Corpo snello ma scattante, alcool
moderato per una semplice ma intrigante bevuta in un equilibrio empirico di
piacevolezza.
Consiglio di degustare il Dagamò in calici a tulipano di
media grandezza ed ad una temperatura di cantina, 15, 16 gradi sono perfetti.
Io l’ho abbinato ad una coscia di pollo riscaldata, ma se
voi lo abbinate ad un pollo allo spiedo e alla diavola appena cotto secondo me
godrete molto, la carne non troppo saporita e la pelle croccante e speziata si
addice a meraviglia con questo calice. Perfetto anche con il prosciutto crudo,
anche stagionato o saporito come il toscano, con primi piatti a base di ragù di
carni bianche, dal pollo al coniglio. Come secondi piatti un ottima idea può
essere quella di accostarlo ad un filetto di maiale od a qualche fetta di
succulento roastbeef.
Vino ideale da consumarsi durante le cene e grigliate estive
tra amici, dove le bocce scorrono quasi senza sosta di continuità. Come sempre
ricordo che l’abbinamento migliore è quello di condividerne un calice o due con
la persona amata
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