Chi lo ha detto che i buoni vini sono solo quelli famosi, di
zone vocate facilmente reperibili? Oggi vi voglio parlare di un vino insolito,
certo fatto con un uva oggi molto modaiola, ma con un’interpretazione personale
di livello e con un impronta territoriale nuova.
Il vino in questione è il Le Vaie 2012 Riesling di Isola di
Monte San Pietro provincia di Bologna.
La zona è il cru del pignoletto classico, quella parte di
provincia di Bologna che costeggia il Samoggia e si alza verso l’appennino.
L’azienda è la storica Isola della famiglia Francescini, oggi guidata dal
giovane e bravo Gianluca. Gianluca ha proseguito la strada del padre,
mantenendo l’azienda in binari di qualità e tradizione ottenendo ottimi
prodotti che si contraddistinguono per franchezza e pulizia. Questa strada ha
portato ad avere ottimi vini “tradizionali” quali Pignoletto, fermo e
frizzante, classico e spumante, cabernet Sauvignon e infine Barbera. Francesco
per mettere il suo sigillo in azienda ha creduto e scommesso su un vino insolito
per il territorio, il riesling renano, oltretutto vinificato in netta e
spiccata direzione alsaziana.
A dire la verità il Riesling nel bolognese è sempre stato
presente, ma nell’ultimo ventennio è stato progressivamente accantonato per far
spazio all’autoctono Pignoletto.
La bottiglia è l’insolita borgognotta, dico insolita in
quanto con un riesling stile alsaziano, mi immaginavo la tradizionale renana,
sormontata dalla simpatica e gradevole etichetta aziendale in multicolor. Nel
Le Vaie il simbolo dell’azienda è colorato in un moderno rosso bordeaux e
verde, detto così l’accostamento è forzato, ma se date un occhiata alla foto
allegata si evince l’armonia complessiva azzeccata dell’etichetta.
Alla mescita si denota un bel giallo paglierino scarico, con
riflessi verdolini, brillante e luminoso. Al naso si è invasi da un intenso e
persistente profumo, tipico e franco. Sensazioni fruttate e floreali si
integrano a quelle minerali e da idrocarburi. Nel dettaglio sono evidenti la
pesca, la maracuja in fase maturativa piena, fresche note di ginestra e
salgemma vengono superate dagli idrocarburi e quelle pungenti minerali con un
richiamo balsamico. A distanza di qualche minuto i profumi si armonizzano ed evolvono
in linea retta verso una finezza elegante. Anche in bocca il Le vaie 12 si pone
con una buona intensità e persistenza, secco ma con un evidente residuo
zuccherino che rende la beva intrigante e goduriosa. Residuo zuccherino che non
è nascosto per rendere il vino facile, ma è dichiarato con chiarezza in retro etichetta,
dove si scopre anche il valore, in questo cado 27 g/litro. A mio parere essendo
per tipologia un vino dall’acidità spiccata quasi bestiale, questo residuo
zuccherino è pressoché necessario per aiutare la beva e renderlo apprezzabile
fin dai primi anni dalla produzione donando quella morbidezza che altrimenti
non avrebbe. Il modesto tenore alcolico, 9.7 gradi, fa il resto nell’alleggerire
la beva, difatti è veramente difficile poggiare il calice. Molto fresco di
acidità come detto e con un’ottima
sapidità minerale che mette in luce nella sua lunghissima persistenza. Corpo e struttura di valore adeguato a questo
vino, che vuole essere un ottimo compagno di un altrettanto buon pasto senza sopra avanzarlo. Armonico e
buon equilibrio tra le componenti dure e quelle morbide, insomma un
interessantissimo Riesling gradevole e ben fatto, che con pochi euro può
regalarci ottime emozioni.
Consiglio di servire questo vino in calici a tulipano di
media grandezza ed ad una temperatura di 8, 10° per meglio esaltare le
componenti olfattive e sulla freschezza.
Come abbinamento con antipasti bianchi a base di verdure e
pesce, sia in cruditè che in tartare, ma anche con scottature al vapore. Primi
piatti a base sempre di pesce o crostacei, risotti creativi, con frutta e
pesce.
Perfetto con tutta la gamma dei crostacei, sfruttando il
residuo zuccherino di questo Le Vaie andremo ad esaltare la dolcezza sapida del
crostaceo. Intrigante e da provare in attesa dell’estate con la mozzarella di
bufala
Io l’ho abbinato ad un ottimo polpo con patate ed olive
taggiasche, piatto classico della cucina italiana , e si è rivelato un
abbinamento egregio, il vino di impatto morbido e dolce esaltava la dolcezza
delle patate, mentre la parte sapida andava a braccetto con la salinità,
anch’essa dolce del polpo, a ripulire la bocca per il proseguo del pasto ci
pensava la taggiasca.
Regge molto bene anche il calice del giorno dopo, anch’esso
affiancato con la “rimanenza” casalinga del polpo del giorno prima… sottolineando
che l’abbinamento migliore rimane quello di condividere la bottiglia con le
persone amate.
Maestro Enogastronomo Sommelier Paride Cocchi
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