E’ sempre un grandissimo piacere
portare in tavola una bottiglia de La Stoppa, certo vini difficili ed
impegnativi, ma capaci di regalare emozioni e autenticità.
Fortemente legati alla tradizione al territorio e all’annata senza
nascondersi, senza timore e senza voglia di piacere a tutti i costi.
In poche parole un vino vero, frutto oltre che dell’uva e della
natura anche dell’annata e della mano dosata dell’uomo.
L’Azienda è La Stoppa dell’energica
Elena Pantaleoni, che da ormai un ventennio la conduce con sapienza e
maestria, coadiuvata dall’effervescente enologo Giulio Armani con
cui si è creata un’ottima simbiosi, tanto che parlando con loro,
conoscendoli sempre più ritrovi la loro filosofia nel calice come
frutto di coerenza alchemica. Il terreno è quello argillo limoso di
Rivergaro in provincia di Piacenza, dove i primi colli si alzano
dalla pianura padana seguendo il corso del fiume Trebbia, la
coltivazione a regime biologico è ancora più attenta e sostenibile
di quanto il disciplinare consenta. Vecchi impianti, potature mirate
ad una bassa resa, inerbimento naturale, l’uso del solo rame e
zolfo a protezione delle vigne sono le armi in campo. Anche in
cantina l’attenzione è massima, uso dei soli lieviti indigeni,
sapiente mix del legno e dei lunghi affinamenti, nessuna filtrazione
sono le armi ormai da anni adottate.
D’altronde la Pantaleoni è una
trainatrice dei sempre più fervidi movimenti a difesa della
sostenibilità agri viticola volta a produrre vini che si discostino
dalla standardizzazione del gusto, trasmettendo autenticità, cultura
e soprattutto passione.
Il vino che andremo a degustare
quest’oggi è la Barbera della Stoppa 2005 Barbera Emilia IGT, frutto
dell’ormai autoctona e storica barbera in questo caso vinificata in
purezza con una maturazione di un anno in barrique di rovere francese
e di altri due anni di affinamento in bottiglia.
La bottiglia è la classica bordolese
con una bella ed elegante etichetta bianca, con impresso in rosso
oltre al logo dell’azienda anche il nome del vino che in questo
caso corrisponde sia all’uva utilizzata che all’azienda stessa
creando un simpatico gioco di parole, difatti il nome del vino è
proprio l’intero “Barbera della Stoppa”.
Alla mescita si evince un bel rosso
rubino luminoso e brillante, carico e fitto di colore, quasi
impenetrabile. Appena aperto fatica ad esprimersi, ha bisogno di aria
e un po’ di tempo, sono quasi 9 gli anni che questo vino è chiuso
in contenitori (botte e bottiglia) con poca aria. Praticamente come
quando noi, dopo una nuotata in apnea emergiamo iniziando ad
annaspare in cerca di aria. Qualche minuto, qualche rotazione del
calice, perché no, una decantazione ed il vino inizia a concedersi.
Da subito risaltano i sentori fruttati di una frutta a pasta rossa
soda e di media grandezza. Prugna e susina di una franchezza nitida e
chiara vengono fuori assieme ai primi sentori un po’ selvaggi e
terrosi a ricordare che questo vino è vero e senza compromessi,
evidenti anche i richiami freschi e vinosi che si intersecano con
note dal richiamo balsamico e di sottobosco.
In bocca la prima sensazione in
assoluto che provo è la succosità disarmante che ha questa barbera.
Pastosità di franco richiamo fruttato, sicuramente secco di
zuccheri, seppur con un residuo zuccherino che aiuta a contrastare
l’ancora elevata freschezza nonostante siamo a quasi 9 anni dalla
vendemmia, facilitando la beva rendendolo di impatto morbido. Molto
persistente ed intenso, durante la sua persistenza si gode della
sapidità minerale che impresciosisce la beva. Trama tannica fitta ma
morbida quasi vellutata nonostante questo vino oscilli verso la
rusticità che ben si integra al importate grado alcolico che
comunque rimane ben nascosto. Concludendo posso sicuramente dire che
quando penso ad un vino rosso, lo immagino proprio come questa
Barbera della Stoppa 2005; difatti durante l’assaggio per questo
scritto, mi sono accorto di aver iniziato la bottiglia degustandolo,
per poi, senza accorgermene essere passato a berlo di gusto.
Consiglio di stappare con anticipo
questa bottiglia, di servirla ad una temperatura di 16°-18° ed in
bicchieri a tulipano di ampia grandezza. Io l’ho degustato a
temperatura di cantina (la mia da appartamento, per cui non
eccessivamente fredda, ma neanche calda come la mia sala) e la
sensazione mi è piaciuta molta, ha reso il frutto più croccante e
caratterizzato l’acidità ed il tannino.
L’alta gastronomicità di questa
barbera rende perfetto l’utilizzo a tutto pasto, partendo
dall’antipasto italiano a base di salumi, e Dio solo sa quante
primizie ci sono nel piacentino, a primi piatti a base di paste anche
all’uovo condite con ragù di carne, per finire poi a piatti di
carni rosse sia arrostite che alla griglia. Da provare anche con
formaggi stagionati e saporiti. Io l’ho abbinato ad una veloce cena
a base di pane toscano leggermente tostato accompagnato con coppa
piacentina, coppa d’estate prosciutto e salame tagliato
rigorosamente al coltello abbinamento che mi ha particolarmente
soddisfatto per l’esaltazione reciproca dei salumi e del vino, col
grasso asciutto e lardettato ben ripulito dal tannino morbido. Regge
benissimo, perdendo punti solo al naso, anche il calice del giorno
dopo, ammesso che ne rimanga, questa volta abbinato ad una semplice
bistecca alla piastra, anche in questo caso abbinamento semplice ma
riuscito giocato questa volta sulla succosità della carne tagliata
non troppo sottile.
L’abbinamento perfetto è però
quello di condividere la bottiglia con le persone amate, sia in
famiglia che tra amici, d'altronde l’uso perfetto di questa barbera
è proprio una tavolata goliardica di amici nella classica
rimpatriata del venerdì sera.
Maestro Enogastronomo Sommelier Paride
Cocchi
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